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1920
Gesualdo Bufalino nasce il 15 novembre da Biagio Bufalino e da Maria
Ella a Comiso, in provincia di Ragusa. Il padre "era fabbro ferraio,
ma era istruito, gli piacevano i libri, il teatro, la musica in
piazza" (LL, 1279). "La madre, figlia di un sarto, è donna di
modesta istruzione ma di grande operosa umanita" (notizie epist.).
1930-1935
"Sin da ragazzo ebbi dimistichezza con il mondo della scrittura e
della lettura" (Pajar 1981): insieme al padre giocava con "un
vecchio dizionario Melzi", con la madre percorreva le strade di
Comiso per farsi leggere e imparare i nomi delle vie, sfogliava le
antologie poetiche, ricopiandole e costruendosene così una privata
con le liriche che prediligeva. Inizia a scrivere versi intorno ai
dieci anni. Grazie al miglioramento della situazione economica
familiare¬ e ai buoni risultati scolastici, dopo un breve periodo
cui lavora come apprendista in una bottega di pittore di carri.
Gesualdo si iscrive al Ginnasio locale che frequenta per cinque
anniSi trasferisce a Ragusa, dove inizia gli studi liceali.
1937-1938
Ritorna a Comiso, divenuta sede di Liceo classico, dove frequenta le
ultime due classi: suo insegnante d'italiano è il dantista Paolo
Nicosia, allievo di Giovanni Cesareo.
1939
Vince, per la Sicilia, con un tema sull'orazione Pro Archia di
Cicerone, un premio di prosa latina, promosso dall'Istituto
Nazionale di Studi Romani e, con gli altri partecipanti, viene
ricevuto a Palazzo Venezia da Mussolini. In questo stesso anno vince
anche un concorso per un tema sull'Esposizione Universale del `42.
Nel luglio sostiene l'esame di maturità a Comiso, che supera a pieni
voti. Sono gli anni per Bufalino della lettura dei grandi classici
francesi e russi, della scoperta del decadentismo, della passione
per Baudelaire e del suo tentativo di retroversione, dall'italiano
in francese, non possedendo un'edizione in lingua, dei Fiori del
male. "Il mio apprendistato si è svolto in un paese all'estrema
periferia geografica e culturale d'Italia. C'era un ritardo
culturale negli anni della mia formazione di trenta, quarant'anni.
Sicchè, quando frequentavo la biblioteca comunale, leggevo le
collezioni di Critica e di Nuova Antologia dei primi anni del
secolo. La letteratura degli anni Trenta, quando avevo circa
quindici anni, mi era assolutamente ignota. Mi confrontai, insomma,
con i grandi testi della narrativa ottocentesca e, per quanto
riguarda la letteratura italiana, non andavo al di là di D'Annunzio"
(Onofri 1988). I suoi interessi culturali sono completati dalla
grande attenzione per il cinema, specie francese: "Il cinema ha
esercitato su di me una suggestione estrema, perchè mi ha fatto
conoscere degli universi collaterali. Non solo attraverso i
classici, ma attraverso la commedia sofisticata, che mi ha insegnato
a sorridere della tetraggine fascista, delle remore e delle
frustrazioni provinciali" (Bignardi 1990).
1940-1942
Si iscrive alla Facoltà di Lettere dell'Università di Catania. "Era
già periodo di guerra e io ci andavo soltanto per dare le materie.
Non ho praticamente frequentato l'università, non ho avuto maestri,
avrò assistito a tre o quattro lezioni di un professore di
formazione ottocentesca, Giulio Natali, già molto anziano" (Pajar 16
sett. 1981). Altri "professori suoi, appena sfiorati", furono
Francesco Guglielmino e Ettore Paratore.
1942-1943
In agosto interrompe gli studi perchè richiamato alle armi.
Frequenta un corso Allievi Sergenti a Campobasso e un corso Allievi
Ufficiali a Fano, dove conosce e stringe amicizia con Angelo Romanò.
Nel luglio del 1943
presta servizio di ordine pubblico ad Ancona. Viene nominato
sottotenente di fanteria e inviato a Sacile, in Friuli. 115
settembre è a Sacile. All'indomani dell'armistizio viene catturato
dai tedeschi. Grazie all'aiuto di una ragazza, Sesta Ronzon,
conosciuta al suo arrivo, riesce a fuggire. Per alcuni mesi rimane
nascosto nella campagna friulana (vicende ricostruite nell'articolo
La moviola della memoria, raccolto in Cere perse, riecheggiate in
Diceria dell'untore e in alcune liriche di L'amaro miele).
Durante questo soggiorno
medita di unirsi alle prime bande di partigiani sul Grappa: progetto
che abbandona per "manifesta inettitudine militare".
1944
l gennaio, fallito un tentativo di entrare in Svizzera, raggiunge a
Reggio Emilia un gruppo di amici conterranei. Grazie alla cauta
protezione di uno di questi, Vittorio Casaccio, Provveditore agli
Studi, viene assunto come supplente in una scuola media di
Scandiano.
Nell'autunno si ammala
di tisi e viene ricoverato all'ospedale di Scandiano: "il primario
dell'ospedale di Scandiano, il dottor Biancheri, [era] un uomo che
veniva da una famiglia di tradizioni umanistiche, di grande cultura.
Biancheri possedeva una biblioteca straordinaria, importantissima,
che aveva disposto, per proteggerla dai pericoli della guerra, nello
scantinato dell'ospedale. Pile e pile di libri che formavano, fra
l'una e l'altra fila, veri e propri corridoi, camminamenti:
un'atmosfera alla Borges. E da Biancheri ottenni la chiave dello
scantinato. Fu per me un'esperienza unica. Potevo recarmi a guardare
questi libri, a prenderne qualcuno. Fu lì che trovai e lessi Proust,
in francese, per la prima volta" (Angeloni 1990).
1946
n maggio ottiene il trasferimento in un sanatorio della Conca d'Oro,
fra Palermo e Monreale, la "Rocca", teatro della Diceria. Durante la
degenza collabora, su sollecitazione dell'amico Angelo Romanò, alle
riviste lombarde "L'uomo" e "Democrazia", pubblicando alcune liriche
e qualche prosa. Riprende gli studi iscrivendosi all'università di
Palermo.
1947
febbraio, ormai guarito, viene dimesso. In marzo si laurea a Palermo
"con una tesi di comodo, ottenuta dall'unico professore disposto a
darmela e scritta a braccio con pochi libri, in sanatorio. Non
ricordo esattamente il titolo. Più o meno era: La riscoperta
dell'antico e gli studi di archeologia in Italia nel XVIII secolo. 0
forse: Le origini del neoclassicismo e gli studi ecc. come sopra"
(notizie epist.). Ritorna in famiglia a Comiso. Vive di lezioni
private e supplenze (Storia dell'Arte nei licei di Comiso e
Vittoria, italiano e latino nel liceo di Comiso). Partecipa ai
concorsi di Stato e consegue l'abilitazione per l'insegnamento.Ottiene
la nomina presso l'Istituto Magistrale di Modica: per due anni vi
insegna italiano e storia. Le esperienze di questo periodo
riaffioreranno, fantasticate, in Argo il cieco.
1950
Inizia, intorno agli anni Cinquanta, la lunga elaborazione della
futura Diceria, ma non va oltre lo stadio dell'abbozzo.
1951
Ottiene il trasferimento in un Istituto Magistrale Vittoria,
località a poca distanza da Comiso, dove insegnerà per venticinque
anni, arco di tempo durante il quale scrive e traduce (I fiori del
male di Baudelaire, Le controrime di Toulet) senza tentare la via
della pubblicazione, legge, vede molti film, organizza proiezioni
per cineclub, viaggia, d'estate, in Italia e all'estero (Francia,
Svizzera, Germania, Austria).
1956
Collabora, sempre grazie all'interessamento di Angelo Romanò, con
alcune poesie, a una rubrica del terzo programma della Rai.
1971
Completa la stesura
della Diceria. Ha inizio una decennale revisione.
1976
Coordina gli interventi confluiti nella miscellanea di Comiso viva,
Edizioni "Pro loco", Comiso, volume cui stende la prefazione e tre
sezioni, due molto esigue, intitolate Una città-teatro e Miseria e
malavita a Comiso, la terza, Museo d'ombre, che variamente
integrata, con il medesimo titolo, verrà stampata da Sellerio nel
1982. Durante questa "ricerca di antiquariato folclorico" scopre in
una soffitta di campagna vecchie fotografie scattate da due notabili
siciliani, Francesco Meli e Gioacchino Iacono Caruso fra Ottocento e
Novecento: ne organizza una mostra, stende la prefazione del
catalogo.
1978
Grazie a un amico, Alberto Bombace, che presenta l'iniziativa a Enzo
ed Elvira Sellerio, le foto vengono pubblicate in volume a sua cura
(Comiso ieri. Immagini di vita signorile e rurale, ripubblicato nel
1991 da Sellerio con due suoi scritti, col titolo Il tempo in posa).
1980
L'introduzione al volume fotografico Cosimo ieri suscitò la
curiosità di Elvira Sellerio e di Leonardo Sciascia, entrambi
convinti che l'Autore, data la consuetudine con la scrittura che
quelle poche pagine rivelavano, conservasse nei suoi cassetti un
romanzo. Bufalino negò proponendo invece all'attenzione della casa
editrice alcune sue traduzioni, che vennero pubblicate per i tipi
della Sellerio (J. Giraudoux, Susanna e il Pacifico; Madame de la
Fayette, L'amor geloso, con P. Masino).
1981
Muore, dopo lunga agonia, il padre Biagio.
Esce una sua traduzione
poetica, Le controrime di P.J. Toulet, sempre presso la casa
editrice palermitana Sellerio. Ed e soprattutto l'anno in cui,
cedendo alle insistenze di Elvira Sellerio, Bufalino dà alle stampe
Diceria dell'untore, libro che segna il suo ingresso nella società
letteraria. Il romanzo riscuote grande successo di critica e
pubblico, sancito dalla vittoria al premio "Campiello". Pubblica da
Sellerio Museo d'ombre, da Einaudi una raccolta poetica L'amaro
miele, presso il Saggiatore Dizionario dei personaggi di romanzo. Da
Don Chisciotte all'Innominabile. Comincia la collaborazione ai
maggiori giornali italiani ("Il Giornale", "la Repubblica", "La
Stampa"...).
In dicembre, contrae "prudentissime
nozze (premeditate per quasi un quarto di secolo)" con una sua ex
allieva, Giovanna Leggio. In luogo della consueta bomboniera i due
sposi offrono agli amici e parenti "un libricino di detti aurei,
massime propiziatorie, profezie rassicuranti" dal titolo Dicerie
coniugali. 62 pensieri lievi e gravi sul matrimonio proposti da una
coppia nuovissima a uso delle coppie più anziane. Dopo sei anni
questa plaquette, notevolmente arricchita, è diventata un libro, Il
matrimonio illustrato, pubblicato da Bompiani.
1983
Per Mondadori traduce I fiori del male, per l'Istituto del Dramma
Antico I due fratelli di Terenzio (la commedia viene rappresentata
durante l'estate nel teatro di Segesta).
Alla fine dell'anno la
moglie viene colpita da una grave malattia, che la costringe a un
lungo e faticoso recupero.
1984
Pubblica, presso Sellerio, Argo il cieco
Con l'elzeviro I veleni
dello scrivere, pubblicato sul "Giornale nuovo" l'anno precedente,
vince il premio "Flaiano".
1985
Pubblica, sempre da Sellerio, Cere perse.
Con Argo il cieco vince
il premio "Boccaccio" e il premio "Lombardi Satriani".
Esce presso Bompiani la
raccolta di racconti L'uomo invaso, con cui vince i premi "Scanno",
"Racalmare" e "Raffaele Brignetti-Isola d'Elba".
Vince il premio "Elba"
per Cere perse.
1987
Pubblica presso Bompiani Il malpensante, con cui vince il premio "Castiglione
di Sicilia" e il premio "Torre del Lauro".
1988
Pubblica da Sellerio La luce e il lutto e Saline di Sicilia, da
Bompiani Le menzogne della notte, con cui vince il premio "Strega" e
il premio "Venerdì di Repubblica".
E consulente per
un'edizione televisiva de I Vicerè di De Roberto, per la regia di
Sandro Bolchi.
1989
Stende il testo per il volume fotografico di G. Leone L'isola nuda,
e da alle stampe Il matrimonio illustrato, redatto in collaborazione
con la moglie Giovanna.
Un suo atto unico, La
panchina, tratto dal racconto omonimo, viene rappresentato al Teatro
Stabile di Catania insieme a due altri atti unici di Consolo e
Sciascia sotto il comune titolo di Trittico.
1990
Raccoglie nel volume Saldi d'autunno "testi di varia natura e
destinazione, apparsi già altrove velocemente", con cui vince il
premio "Nino Martoglio". Pubblica presso l'editore Guida, nella
collezione "La clessidra", in cui il suo testo e accorpato a quello
di un'esordiente, Antonella Sicoli tre capitoli delle inedite
Calende greche, di cui cura frattanto un'edizione non venale,
destinata agli amici. Collabora, in veste di consulente, alla
sceneggiatura di un film tratto da Diceria dell'untore che conserva
il titolo del romanzo, per la regia di Beppe Gino.
1991
In occasione del suo settantesimo compleanno l'Amministrazione
Comunale di Comiso pubblica, in edizione non venale, un volume di
suoi inediti, Pagine disperse, presso l'editore Salvatore Sciascia
di Caltanissetta. Fa dono dei suoi libri alla Biblioteca Comunale di
Comiso. Esce, edito da Bompiani, il romanzo giallo Qui pro quo. In
edizione non venale stampa presso il Girasole Il Guerrin meschino,
frammento di un'opra di pupi.
1992
Esce il primo volume delle Opere 1981-1988 nei "Classici Bompiani".
Pubblica, da Bompiani, Calende greche e da Sellerio Il tempo in
posa.
1994
Da alle stampe, presso Bompiani, Bluff di parole, miscellanea di
pensieri, citazioni, aforismi, seguito ideale di Il malpensante e,
presso Il Girasole, Carteggio di gioventù (1943-1950), lettere a e
di Angelo Romanò.
1995
Pubblica, da Avagliano, Il fiele ibleo, un "supplemento" al denso
volume siciliano. La luce e il lutto, riunendo "buona parte delle
cose rimaste escluse da quello o venute dopo alla luce" e una
"silloge di scritti in onore e memoria di Leo-
Leonardo Sciascia".
Presso Il Girasole escono invece, col titolo I languori e le furie.
Quaderni di scuola (1935-38), i suoi primi versi, "incerti fra
truculenza e languore, e portatori di malattie e lussurie inventate
al di là del credibile". Traduce per Bompiani, col titolo
Sghiribizzi, una parte degli aforismi di Ramòn Gòmez de la Serna, le
Greguerias.
1996
Pubblica, da Bompiani, il suo ultimo, quasi premonitore, romanzo
Tommaso e il fotografo cieco ovvero Il Patatràc.
Il 14 giugno, a
seguito di un incidente stradale, riporta un trauma toracico e un
trauma cranico. Ricoverato in ospedale, muore poche ore dopo per
emorragia cerebrale.
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